Fonti di intelligence stimano oltre 4.700 soldati nordcoreani caduti nel Kursk, ma Kim Jong‑Un omaggia solo 5 bare.
In un contesto internazionale sempre più teso, la Corea del Nord di Kim emerge nuovamente al centro delle cronache geopolitiche, tra propaganda militare, vittorie sbandierate e una drammatica realtà sul campo. Il contrasto tra ciò che il regime mostra al mondo e le cifre reali dei soldati caduti in Russia è clamoroso, eppure funzionale a un obiettivo ben preciso: mantenere il consenso interno e rafforzare l’alleanza con Mosca.

Il divario tra propaganda e realtà
Fonti di intelligence riferiscono che nel corso della missione nel Kursk, in Russia, sarebbero caduti oltre 4.700 soldati nordcoreani, una catastrofe umanitaria che Pyongyang non ha mai ammesso. Sul palco delle esequie, però, sono apparse soltanto quattro o cinque bare, in un rito solenne e altamente coreografato.
Un messaggio chiaro: le forze del Partito dei Lavoratori avrebbero perso solo pochissimi guerrieri, e il sacrificio di questi «eroi» sarebbe il simbolo di una vittoria militare epocale, degna di un regime che vuole mostrarsi implacabile vittorioso, pur nascondendo l’entità del proprio dolore.
Il risultato? Una narrazione ufficiale che dipinge un conflitto eroico, lungi dall’orrore della “carne da macello” che molti analisti denunciano.
Nuovo invio, vecchi sacrifici
Il sipario delle lacrime orchestrate da Kim Jong‑Un, ripreso dalle telecamere di Stato mentre poggiava la bandiera nazionale sulle spoglie dei caduti, serve a placare il malcontento crescente tra le famiglie dei giovani mandati al fronte.
Ma la marcia forzata non si arresta: nelle prossime settimane, circa 6.000 militari nordcoreani partiranno nuovamente verso la Russia. Di questi, 5.000 verranno impiegati in lavori strategici sul territorio e 1.000 dovranno brillare mine antiuomo, una missione ritenuta fra le più feroci e pericolose. Un impiego brutale e forzato, che conferma come il regime sfrutti ogni occasione per illustrare una potenza nazionale compatta, disposta a qualsiasi sacrificio. Come riportato da open.online
L’evento delle lacrime di Kim Jong‑Un non rappresenta solo un funerale, ma un messaggio geopolitico. Con fanfare e lacrime di facciata, la propaganda nordcoreana celebra la complicità con Mosca, un anno dopo la firma del patto con Putin e i piani operativi per la “liberazione” dell’oblast di Kursk. E mentre le telecamere stonano musiche melanconiche, la realtà sul terreno resta una carneficina: uomini mandati a morire per un disegno politico lontano migliaia di chilometri.
🇰🇵🇷🇺 KIM JONG-UN CRIES OVER COFFINS FROM UKRAINE WAR… AND SENDS MORE TROOPS
— Mario Nawfal (@MarioNawfal) June 30, 2025
North Korean soldiers are dying in Russia’s war with Ukraine, and now Kim is holding funerals on TV.
State media showed him draping flags over coffins, crying, and even kneeling during a performance… https://t.co/PGBXkTR9yO pic.twitter.com/wFdP3sNnZZ